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Escher in mostra al PAN con una sezione dedicata alla “sua” Campania

“Escher è troppo ostinato, troppo filosofico-letterario: al ragazzo mancano vivacità e originalità, è troppo poco artista”. Dicevano di lui i suoi maestri, ma si si sa che il tempo è galantuomo.

Chi è Escher

Si è detto tanto di Maurits Cornelis Escher ma non sarà mai abbastanza. Ed io, scrivendo questo pezzo, temo di non esserne all’altezza. Forse si dovrebbe fare una chiacchierata lunga qualche giorno con l’esperto e studioso Federico Giudice Andrea, per far saltare fuori ulteriori storie e aneddoti ingiustamente trascurati. Perché ogni dettaglio che può sembrare irrilevante, ai fini della comprensione del lavoro di Escher, può tornare utile per ricostruire quel mondo mentale di uno di quelli che reputo tra gli artisti più geniali, alla stregua dei LeonardoMichelangeloDalìPicasso e Gaudì. O almeno cercare di immaginarsela, quella mente.
Relatività (1953); litografia, 27,7×29,2cm © 2018 The M.C. Escher Company. All rights reserved
Eppure, Escher, non è presente in quelle che sono considerate le “bibbie” dei manuali di storia dell’arte e solo pochi docenti delle Accademie di BBAA ne raccontano le sue opere ai propri allievi. Alla fine della conferenza stampa per la presentazione della mostra al PAN, mi avvicinai a Mark Veldhuysen, Presidente della The M.C. Escher Company, per chiedergli come si ponesse la M.C Escher Foundation di fronte a questo gap: <<È ridicolo! Noi continuiamo a far girare le sue mostre nel mondo>> e forse solo così ci si renderà conto dell’enorme abbaglio che hanno avuto certi critici e storici dell’arte degli ultimi cinquant’anni. Artista o grafico? Artista incompreso o volutamente obliato dal Sistema-Arte? Non era il tipo che badava certo alle relazioni pubbliche e, prima di quella che fu considerata eschermania, i suoi primi fan furono fisici e matematici che lo coinvolsero in diverse conferenze in giro per il mondo.

«Non una volta mi diedero una sufficienza in matematica … La cosa buffa è che, a quanto pare, io utilizzo teorie matematiche senza saperlo. No, ero un ragazzo gentile e un po’ stupido a scuola. Immaginatevi adesso che i matematici illustrano i loro libri con i miei quadri! E io che vado in giro con gente colta quasi fossi loro fratello o collega. Non riescono neppure a immaginarsi che io non ne capisco nulla»

Il mancinismo e il pensiero differente

Intanto sono del parere che per capire il lavoro di Escher, comprendere quali siano stati i punti di partenza per approdare alle sue soluzioni grafiche, vada esplorata la sua mente. Il fatto che era mancino la dice lunga e, guarda caso, gran parte degli artisti citati sopra, lo erano. Ci sono delle condizioni mentali di una persona che possono incidere su quella che definiamo banalmente “creatività”. Alcune persone che hanno avuto trascorsi difficili, soggetti a violenze psico-fisiche di ogni genere, alienati mentali, sono state oggetto di studio da parte di Jean Dubuffetche definì l’Art Brut. Arte grezza, arte spontanea. Ma ho avuto modo di constatare personalmente che anche dislessia, discalculia e autismo sono ulteriori condizioni che possono rendere l’artista un outsider. Fuori dagli schemi. E alcune di queste storie forti sono raccontate nel libro Outsiders di Alfredo Accatino. Rileggendo la citazione di Escher di cui sopra, non credo sia un errore considerare che era “affetto” dal disturbo della discalculia. L’incapacità di comprendere la matematica. Abbiamo quindi due indizi che ci fanno comprendere in parte la mente di Escher e perché la sua arte è qualcosa che va sopra le righe: era mancino e discalculico.
Pozzanghera (1952), xilografia 32×31,9cm; © 2018 The M.C. Escher Company. All rights reserved

La matematica di Escher

Non era un matematico, anzi, eppure riuscì a stravolgere ogni genere di prospettiva con nuovi modi di concepire graficamente lo spazio creando vere e proprie ipersuggestioni. Non aveva bisogno di numeri, di regole geometriche, dei tradizionali punti di fuga descritti da Leon Battista AlbertiFilippo Brunelleschi o di tutti i trattati di geometria descrittiva. Seppure contemporaneo del Cubismo e del Surrealismo che andavano verso nuove ricerche estetiche insolite dello spazio, Escher maturava la sua ricerca dello spazio paradossale attraverso grafiche geometricamente verosimili che lo hanno reso un anticipatore della Optical Art. L’arte delle illusioni ottiche affermatasi negli anni ’70. Inseriva non uno o due punti di fuga nelle sue prospettive, ma qualcuno in più. O anche due, dallo zenit al nadir. Piani che si intersecano, o che vengono risucchiati in se stessi. La linea non è infinita, ma senza confine. L’infinito si espande o si contrae. Il fronte può essere il retro e viceversa. Il bianco passa al nero ma non è sicuro che il nero sia nero. Il giorno e la notte possono convivere. Cosa è dentro, cosa è fuori? Immagini dentro le immagini. Paradossi visivi e prospettici. Come dire, “giù la salita” o “sopra la discesa”. La convenzione è messa in discussione. È l’apoteosi della soggettività. Della relatività. Un labirinto di specchi mobili e in assenza di gravità, viaggia nella mente di Escher. I matematici lo adoravano. Forse per quel suo immaginare lo spazio senza regole restituendo grafiche impossibili ma visibili, realistiche. Sulla carta. Perché uno scienziato non può osare senza prove, senza numeri. Ma un artista sì. La matematica, con Escher, diventata un’opinione. Le immagini mentali possono essere realizzate e mostrate nelle loro due dimensioni.

Le influenze grafiche su Escher

Un artista non potrebbe mai creare dal nulla. Anche se non ha inizialmente un progetto definito, è sempre guidato dal suo background esperienziale, un mix di associazioni di pensieri. Terminati gli studi, nel 1922, Escher arriva in Italia. Resta affascinato dal paesaggio del Sud e, conoscendo i luoghi della Costiera Amalfitana, se ne innamora al punto che vi ritorna nello stesso anno. Gli strapiombi delle rocce calcaree e la varietà delle architetture presenti in Costiera e la loro influenza moresca, diventano per lui spunto principale per alcune delle sue opere più famose. La ripetitività del segno, il ritmo dei motivi geometrici, intrecci e sequenze, le tassellature, i tetti tondeggianti… affascinano Escher al punto da ispirarlo in gran parte della sua migliore produzione.

“Escher è troppo ostinato, troppo filosofico-letterario: al ragazzo mancano vivacità e originalità, è troppo poco artista”

H. C. Verkyrsen (giudizio collegiale del corso di disegno frequentato presso Samuel Jessurun de Mesquita che lo sottoscrisse).

La grafica escheriana

Quando si pensa Escher vengono in mente i suoi lavori visionari, dalle prospettive impossibili come Galleria di StampeSu e GiùBelvedereSalita e DiscesaRelatività, trascurando forse l’importanza delle soluzioni grafiche di cristallografia o della serie Trasformazioni tra cui Metamorfosi con una citazione su Atrani (SA) rendendola grande e immortale nonostante sia il Comune più piccolo d’Italia. Già nei primi lavori xilografici si evince la padronanza del tratto, del bianco e del nero che si interconnettono creando chiaroscuri che fanno presagire i risultati più alti della maturità di Escher. L’abilità di incidere sulla matrice è per un mancino, probabilmente una marcia in più. Pensare all’inverso. Il tratto inciso sembra matematico ma Escher in realtà si prende delle libertà estreme per stravolgere non solo il senso delle prospettive, ma anche la teoria delle ombre alterandole con punti luce inesistenti. Si intercettano dettagli di chiaroscuri che da soli sono piccole opere di Op Art come le bande che fanno da sfondo ai titoli della copertina dell’opuscolo Emblemata. Nonostante le influenze dell’Art Nouveau, mi sento di poter dire che lo stile grafico del suo carattere si avvicinava già a quelli che sono stati poi quei tipi di font che andavano per la maggiore negli anni ’60-‘70 tanto utilizzati per i poster dei concerti rock: AmoebaDoobieGenieJimi. Uno avanti, insomma. Tanto avanti che non fu compreso dai suoi contemporanei e dai suoi maestri.

L’influenza di Escher nel contemporaneo

Pink Floyd utilizzarono Relatività per la copertina del loro album On the Run. La stessa immagine nel 1986 è stata una scenografia per il film Labyrinth, dove tutto è possibile con David Bowie ed è citata anche per il film Una notte al Museo 3. Il film Inception di Christopher Nolan, riprende l’illusione ottica della Scala di Penrose(o Scala Impossibile) utilizzata in Salita e Discesa da Escher. E così via. Un “non-artista” che è stato ed è paradossalmente fonte di ispirazione persino in alcuni visual pubblicitari.
Maurits Cornelis Escher, Buccia, 1955, Xilografia, 23.5 x 32 cm, Collezione privata, Italia All M.C. Escher works | © 2018 The M.C. Escher Company | All rights reserved www.mcescher.com

La mostra

La mostra è suddivisa in otto sezioni tra cui una dedicata al rapporto che Escheraveva con la Campania. Sono presenti installazioni interattive, alcune sinestetiche, adatte principalmente ai bambini, e multimediali. Le stampe, tutte originali, numerate e firmate dall’Autore, risalgono dal primo periodo in poi. Un paio di chicche sono la matrice originale in legno del Gatto Bianco e una stampa 3x3cm che rappresenta il Vesuvio fumante dedicato al suo fratellastro.   Escher PAN | Palazzo delle Arti Napoli Via dei Mille, 60 1 novembre 2018 – 22 aprile 2019 Tutti i giorni 9.30 – 19.30 Ingresso con audioguida compresa: 13,00 euro; ridotto 11,00 euro Info e prenotazioni: 081 1865991 By Marco Maraviglia – www.ilasmagazine.com