Punta della Dogana, Venezia ‒ fino al 15 dicembre 2019. Una mostra complessa che confonde e poi accoglie il visitatore, stimolandolo con corrispondenze, simmetrie e irregolarità. Per una riflessione su poesia, memoria e linguaggio.
HichamBerrada, Mesk-Ellil, 2015-19. Courtesy the artist & kamelmennour. Installation view at Punta della Dogana, Venezia 2019 © Palazzo Grassi. Photo Delfino Sisto Legnani & Marco Cappelletti
La formula è semplice, accostare opere già presentate a Punta della Dogana ad altre esposte qui per la prima volta. Ma lo svolgimento è complesso: la mostra
Luogo e segni è forse la più ostica, a un primo approccio, sin qui presentata negli spazi ridisegnati da Tadao Ando.
Senza scegliere un tema specifico, i curatori Martin Bethenod e Mouna Mekouar organizzano l’esposizione attorno ad argomenti come “l’interazione tra natura, creazione e poesia” e “la memoria dei luoghi”. E allestiscono un percorso di corrispondenze indirette tra le diverse opere ‒ “
la mostra ha la forma di un leporello ”, ha spiegato la curatrice, “
con sale anche distanti che si rispondono a vicenda ”.
Lo spettatore deve così impiegare la prima parte della visita per decifrare l’esposizione. Una volta entrati nell’atmosfera, non mancano momenti di apertura, lievi ma a loro modo monumentali. Nella sala centrale sono esposte ad esempio le sculture in vetro di
Roni Horn , per un acquoso effetto panoramico che gioca in sottrazione.
Simon Fattal, The Meeting, 2018. Musée Yves Saint Laurent, Marrakesh. Photo © Fondation Jardin Majorelle Jaimal Odedra
GIOCO A INCASTRI
Nina Canell, Days of Inertia, 2015. Courtesy Daniel Marzona, Barbara Wien, Mendes Wood Dm Galleries. Installation view at Punta della Dogana, Venezia 2019 © Palazzo Grassi. Photo Delfino Sisto Legnani & Marco Cappelletti
L’inizio del percorso è altrettanto suggestivo, con le tende di perline di
Félix González-Torres che fanno da soglia iniziatica. E l’opera di
Surtevant è un altro punto di respiro, ma con la stratificazione intellettuale dell’appropriazionismo (il suo lavoro ne cita alla lettera uno di González-Torres, che come detto è presente altrove in mostra). Un’altra tenda, sinuosa, suggella la mostra nella terrazza: è di
Wu Tsang ed è ispirata alle atmosfere libertarie del
clubbing .
E poi gli incastri, le sale fitte con accavallamenti di opere. Proprio la tenda di González-Torres è inclusa in una sequenza serrata che comprende anche Roni Horn,
Louise Bourgeois ,
Agnes Martin ,
Constantin Brâncuși ,
Vija Celmins ‒ lavori della collezione personale di Roni Horn, che ha allestito la sala. Il percorso espositivo “ricatta” poi lo spettatore: per vedere i dipinti di
Etel Adnan , musa ispiratrice, con le sue poesie, di tutta la mostra, bisogna aspettare la fine del video di
Philippe Parreno , proiettato nella stessa sala.
IPERCONTEMPORANEO
Carol Rama, Luogo e segni, 1975. Pinault Collection. Installation view at Punta della Dogana, Venezia 2019 © Palazzo Grassi. Photo Delfino Sisto Legnani & Marco Cappelletti
Tra le diverse opere di livello spicca la riflessione post-pittorica di
R.H. Quaytman : variazioni su astrazione e figura, manuale e digitale, artigianato e Fine art che danno vita a un mix davvero originale e ipercontemporaneo. E si riscoprono anche nomi sin qui trascurati, come
Simone Fattal , le cui bizzarre ceramiche “ritualistiche” convivono con l’audio di una poesia di Etel Adnan letta da
Robert Wilson .
Dal “cervellotico” si sfocia nel sensoriale, e viceversa. Il respiro della mostra è alternato, irregolare, antiarmonico per scelta e stratificato per vocazione. Le generazioni e gli approcci si mescolano, da
Carol Rama ad
Alessandro Piangiamore , dalle opere acquatiche di
Nina Canell e Roni Horn fino a quelle carnali e morbose di
Tatiana Trouvé ‒ oggetti iperrealistici in marmo che evocano per procura il corpo umano e la sua presenza.
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Stefano Castelli – artribune.com Mi piace: Mi piace Caricamento...