IL KUNSTFORUM DI VIENNA METTE IN MOSTRA UNA SERIE DI OPERE CHIAVE PER LA CONOSCENZA APPROFONDITA DI UNO DEI MASSIMI ARTISTI VIVENTI, CON L’INASPETTATA PROPENSIONE A “DIPINGERE LA PITTURA”. PAESAGGI MA NON SOLO. E COME RICHTER EBBE A DIRE ANNI FA, “I QUADRI ASTRATTI MOSTRANO LA MIA REALTÀ, I PAESAGGI MOSTRANO IL MIO DESIDERIO”.
Negli scorci naturalistici più somiglianti al vero, c’è – come spesso si è detto a proposito di molti suoi dipinti di spicco, come Ice, del 1981 – un legame con Caspar David Friedrich, paesaggista romantico per eccellenza; ma si può anche dissentire. Il primo a farlo pare proprio Richter in quanto sensibilmente lontano dagli ideali di quel movimento storico. Vero è che riguardo a certe immagini “romanticheggianti”, lui ricorre – non senza astuzia – alla metafora delle “uova di cuculo”, volendo dire di essersi servito di taluni elementi ma con intenti del tutto personali. Ed è esattamente questo il perno della mostra! Perché nelle cinque sezioni del percorso, motivate da differenti tematiche o da divergenze della figurazione, l’intera raccolta ha una sua unità di fondo nel concepire le varie modalità della pittura di paesaggio come campo di tensioni, gioco tra realtà e astrazione, interazione con inserti fotografici (come talvolta il ricorso al collage), negando, per l’appunto, che tale genere sia l’immedesimazione mimetica con qualcosa di già dato in natura.
RICHTER E L’ASTRAZIONE
In definitiva, in tutte le declinazioni figurali, ci si presenta una pittura dell’inganno, per così dire: ovvero un fare che adombra una realtà, anche grazie a titoli referenziali, e poi, più che mostrarsi, l’“oggetto” si nasconde, si offusca. Una strategia dialettica che a Richter riesce anche nella pura astrazione. Quest’ultimo, un filone pittorico totalmente differente dove l’artista stratifica i colori e poi raschia la tela mediante l’uso di grandi spatole, riportando in superficie, sotto forma di minuscoli tratti e sfumature, le stesure sottostanti: un gioco di abilità tra profondità e superficie di cui l’artista accetta perfino l’esito di una componente casuale. Giustamente i curatori hanno dato grande respiro al dipinto astratto Sankt Gallen (1989), di smisurata dimensione, che si profila come limpido paradigma di questa sua calcolata tecnica informale. Così che questa linea pittorica pare essere lo stadio maturo, e quanto mai coerente, di una grande carriera artistica e intellettuale. Richter, oggi ottantottenne, ha appena annunciato l’addio alla pittura. Qualcuno a lui vicino ha però puntualizzato che, con tutta probabilità, il maestro si riferiva alla pittura di grandi dimensioni.
By Franco Veremondi – artribune.com
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