Le opere di Fortunato Depero testimoniano la produzione realizzata negli Anni Venti e quella a seguire e ciò perché, come sostiene il curatore, si assiste al passaggio dall’“Arte meccanica a quella della Simultaneità urbana”. L’opera che meglio rappresenta questa importante fase è Big Sale (1929). Gli altri quadri esposti – come Gara ippica tra le nubi (1924), Scarabeo veneziano (Il gondoliere) (1927), Paesaggio alpestre cristallizzato (lunare) (1936), Natura morta accesa (1936), Donne al tropico (1945) e Piante grasse (Vaso di fiori) (1946) – sottolineano la particolare linea pittorica che fa di Depero “un futurista atipico, eccentrico, tutt’altro che allineato ai dettami futuristi”.
Di Fausto Melotti si segnala la particolare qualità delle opere proposte: basti pensare al teatrino Paradiso (1957), l’opera più datata fra quelle esposte. Una terracotta con una scena che si dispone su due piani insieme a sei figure “policrome” che mostra il tipico spazio melottiano. La misura e l’equilibrio di Melotti sono presenti in tutte le opere e in particolare nel capolavoro Geisha con il cappello a foggia di giudizio di Paride (1980). Le altre opere invece, come Le scale di Giacobbe (1974), Il canto di Femio (1966), il gesso Senza titolo 4B (1964) e La salita dell’Olimpo (1979), hanno la costante della “verticalità”. Sono, a loro modo, anche curiose perché alludono a una ascesa, sottolineata dalla presenza visiva diretta di scale e di spirali. Sono presenti altre opere importanti che sollecitano il visitatore a una sorta di percorso che lo conduce, come sempre, fra strutture leggere e poetiche.
By Claudio Cucco – artribune.com
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