ALLA SHAZAR GALLERY DI NAPOLI MONICA BIANCARDI METTE IN MOSTRA FOTOGRAFIE, DISEGNI E OGGETTI CHE PARLANO DI VIOLENZA DOMESTICA E SOFFERENZE NASCOSTE
La mostra di Monica Biancardi (Napoli, 1972) alla Shazar Gallery di Napoli è un racconto amaro che disegna la faglia o il punto di rottura in cui la casa diventa prigione e l’oggetto familiare si trasforma in simbolo di tortura. Impalpabile, muto, murato dietro apparenze e trasparenze, il dolore che si respira in questo suo raffinato e sofisticato progetto – nato dall’analisi (e dall’aumento delle percentuali durante il lockdown) delle violenze psicofisiche sulle donne – è narrato sotto forma di fabula de lucis et umbrae. Ad accoglierci infatti è una luce fioca, radente: via d’accesso al presente, al tempo-di-ora (ho nyn kairos) smarrito nel tempo, nella tenebra stessa dell’ora.
LA MOSTRA DI MONICA BIANCARDI A NAPOLI
monica, biancardi, , shazar, gallery, Scavalcando la fotografia tout court (questo è davvero un punto di forza analitico e poetico che ci mostra Biancardi) ed entrando in un discorso – se vogliamo anche archeologico – fatto essenzialmente di luce e graffi proiettati per manifestare oggetti altrimenti invisibili (esattamente come invisibile è la sofferenza, la sopportazione che si consuma in alcuni casi tra le pareti spesse di casa), di ombre appunto che accennano a qualcosa, l’artista indica la cruda e ruvida ambiguità che si nasconde dietro le apparenze. Un cappio, ad esempio, proiezione su una parete d’una collana di perle, o una boccetta di profumo che nasconde il veleno che si consuma dentro la mente. Accanto a una serie di luci che oltrepassano il vetro (graffiato con cura, inciso) e che proiettano su parete o in preziose teche metalliche – in una di queste si legge un profondo planisfero che richiama e ridefinisce uno studio carico di foglietti, di cicatrici – alcune immagini psicologicamente disarmanti, c’è in mostra, ad apertura, un muro bianco scavato su cui un fascio luminoso, alquanto radente, fa apparire il profilo di una donna, posta frontalmente a una pistola termoscanner. A chiusura della mostra è presente una fotografia di piccolo formato (Rinascita, 2022), quasi nascosta, lasciata in un angolo intimo e appartato: si legge in basso una data, 21/11/2022, e raffigura la cicatrice di una straziante operazione, ciò che resta appunto di un intervento subito dall’artista in quella data esatta all’Ospedale del Mare.
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