PIONIERE DELL’ARTE CINETICA, GIANNI COLOMBO HA SAPUTO METTERE IN DISCUSSIONE I LIMITI PERCETTIVI. LA GALLERIA GIÒ MARCONI GLI RENDE OMAGGIO A TRENT’ANNI DALLA MORTE
A 30 anni dalla sua scomparsa, l’artista visionario Gianni Colombo viene onorato con una straordinaria mostra presso lo spazio di Via Tadino, curata dalla Fondazione Marconi e Giò Marconi Gallery. Questa esposizione celebra l’eccezionale contributo dell’artista nel panorama contemporaneo, esplorando le sue opere immersive e interattive che continuano a tutt’oggi a motivare e ridefinire il concetto di spazio e movimento.
Con uno sguardo illuminato e un’inventiva audace, Gianni Colombo (Milano, 1937 – Melzo, 1993), pioniere dell’arte cinetica, già negli Anni Sessanta si distinse per la sua visionarietà, lasciando un’impronta indelebile, a oggi pienamente riconosciuta, nel panorama artistico contemporaneo.
Attraverso le sue opere, Colombo ha trasformato lo spazio e il movimento in strumenti espressivi, esplorando la relazione tra l’opera d’arte e lo spettatore in maniera innovativa e inedita. Da un lato, intuendo e ridefinendo, ante litteram, il ruolo dell’osservatore da spettatore passivo a co-creatore dell’esperienza artistica; dall’altro, sfidando regole e confini delle sensibilità artistiche a lui vicine – dallo Spazialismo di Fontana alle Linee e gli Achrome di Piero Manzoni ‒, trasformando l’esperienza estetica in un’esperienza nuova, sensoriale e partecipativa. Le sue creazioni sono caratterizzate da forme geometriche dinamiche e materiali industriali, che si animano con il movimento e l’interazione dello spettatore e la sua eredità artistica continua a ispirare, stimolare e sfidare le nostre percezioni, aprendo tuttora nuove prospettive sull’arte e sulla sua capacità di influenzare il nostro modo di vedere e sentire il mondo intorno a noi.
LA MOSTRA SU GIANNI COLOMBO A MILANO
Oggi la galleria Giò Marconi di Milano ospita la mostra Gianni Colombo: A Space Odyssey, a cura di Marco Scotini, dedicata al geniale artista nel trentesimo anniversario della sua scomparsa.
Il titolo non casuale richiama il film del 1968 di Kubrick, 2001:Odissea nello spazio, e l’associazione tra le due opere è sorprendentemente rilevante.
Uno dei momenti iconici del film è infatti l’immersione del cosmonauta Dave Bowman nel misterioso monolito alieno. Il tocco del monolito scatena una sequenza visivamente strabiliante, con luci e colori psichedelici che creano un’esperienza sensoriale e visiva surreale. L’ambiente circostante si trasforma, sia per il protagonista sia per lo spettatore, dando il via a un viaggio attraverso uno spazio-tempo del tutto sconosciuto.
In modo analogo, le opere di Gianni Colombo trasportano lo spettatore in una dimensione spaziale misteriosa. L’uso di forme geometriche, flash luminosi, superfici riflettenti e strutture modulari nelle sue installazioni evoca un senso di astrazione e straniamento, creando l’impressione di trovarsi in un ambiente non familiare e ignoto pur essendo consapevoli della concretezza del luogo.
LE OPERE DI GIANNI COLOMBO
È l’effetto straniamento che si presenta di fronte all’opera teatrale di Bertold Brecht, dove lo scetticismo per la narrazione scuote lo spettatore inducendolo a superare la superficiale percezione della realtà. Invitato a interagire con le installazioni e a eseguire gesti tanto semplici quanto arcaici ‒ salire e scendere scalinate o camminare all’interno di spazi dalle superfici inclinate ‒, lo spettatore è spinto oltre i confini della realtà quotidiana, immergendosi in un’esperienza che sfida la percezione e supera le aspettative convenzionali. Come nella scena del film di Kubrick, Colombo invita il pubblico a esplorare mondi incontaminati, a riflettere sull’affidabilità delle proprie percezioni e a sperimentare una dimensione spaziale che si situa al di là dei limiti tradizionali, abolendo ogni frontiera tra architettura, pittura e scultura.
By Marta Pizzolante – artribune.com
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