Salvador Dalí

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Salvador Dalí, all’anagrafe Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech, 1º marchese di Dalí de Púbol (AFI:  Figueres, 11 maggio 1904 – Figueres, 23 gennaio 1989), è stato un pittore, scultore, scrittore, fotografo, cineasta, designer e sceneggiatore spagnolo. Blasone dei Marchesi di Púbol, concesso a Dalí da re Juan Carlos I di Spagna. Dalí fu un pittore abile e virtuosissimo disegnatore, ma celebre anche per le immagini suggestive e bizzarre delle sue opere surrealiste. Il suo peculiare tocco pittorico fu attribuito all’influenza che ebbero su di lui i maestri del Rinascimento. Realizzò La persistenza della memoria, una delle sue opere più famose, nel 1931. Il talento artistico di Dalí trovò espressione in svariati ambiti, tra cui il cinema, la scultura e la fotografia, portandolo a collaborare con artisti di ogni settore. Faceva risalire il suo “amore per tutto ciò che è dorato ed eccessivo, la mia passione per il lusso e la mia predilezione per gli abiti orientali” a una auto-attribuita “discendenza araba”, sostenendo che i suoi antenati discendessero dai Mori. Dalí, dotato di una grande immaginazione e con il vezzo di assumere atteggiamenti stravaganti, irritò coloro che hanno amato la sua arte e infastidì i suoi detrattori, in quanto i suoi modi eccentrici hanno in alcuni casi catturato l’attenzione più delle sue opere. Salvador Dalí nacque a Figueres, una piccola cittadina parte della comarca dell’Empordà[6], nella provincia di Girona (in Catalogna) particolarmente vicino al confine francese, l’11 maggio del 1904[8] da una benestante famiglia borghese. Suo fratello maggiore, anch’egli di nome Salvador (nato il 12 ottobre 1901), era morto di meningite nove mesi prima, il 1º agosto del 1903. Il padre, Salvador Rafael Aniceto Dalí i Cusi (1872-1950), fu un avvocato e notaio[9], affetto da una forte rigidità nell’applicazione della disciplina, temperata dalla moglie, Felipa Domènech i Ferrés (1874-1921), che incoraggiò le aspirazioni artistiche del figlio. All’età di cinque anni, Dalí fu condotto sulla tomba del fratello dai genitori, i quali gli fecero credere di esserne la reincarnazione, delirio del quale si convinse e che lo fece impazzire. Di suo fratello Dalí disse: “Ci somigliavamo come due gocce d’acqua, ma rilasciavamo riflessi diversi. Probabilmente lui era una prima versione di me, ma concepito in termini assoluti”. Dalì era talmente afflitto dalla morte di suo fratello che alcune notti andava alla tomba a pregare per ore. Dalí aveva anche una sorella, Ana María (6 gennaio 1908 – 16 maggio 1989) che nel 1949 pubblicò un libro sul fratello, Dalí visto da sua sorella. Tra i suoi amici d’infanzia vi erano i futuri calciatori del Barcellona Emilio Sagi Liñán, detto Sagi-Barba, e Josep Samitier. Dalí frequentò una scuola d’arte. Nel 1919 durante una vacanza a Cadaqués con la famiglia di Ramon Pichot, un artista locale che faceva regolarmente viaggi a Parigi, scoprì la pittura moderna[9]. L’anno seguente il padre di Dalí organizzò nella residenza di famiglia una mostra dei suoi disegni a carboncino. La prima vera esposizione pubblica la tenne nel 1919 al Teatro Municipale di Figueres. Nel febbraio del 1921 la madre di Dalí morì di tumore. Dalí aveva sedici anni; in seguito disse che la morte della madre “è stata la disgrazia più grande che mi sia capitata nella vita. La adoravo… Non potevo rassegnarmi alla perdita di una persona su cui contavo per rendere invisibili le inevitabili imperfezioni della mia anima.” Poco dopo il padre sposò la sorella della moglie morta. Dalí non si risentì per le nuove nozze, perché amava e rispettava molto la zia. Nel 1923 Dalì fu accusato d’avere organizzato una protesta (finita con l’intervento della polizia) all’Accademia di San Fernando. In seguito fu espulso per un anno e nel 1924 fu arrestato, episodio che lo portò a dipingere Il bambino malato. Madrid e Parigi  Dalí (a sinistra) e l’amico, anch’egli surrealista, Man Ray a Parigi il 16 giugno 1934, fotografati da Carl Van Vechten. Nel 1922 Dalí andò a vivere nella Residencia de Estudiantes di Madrid e studiò all’Academia de San Fernando (Accademia di belle arti). Dalí attirava già interesse su di sé con i suoi modi da eccentrico dandy. Portava i capelli e le basette lunghe, si vestiva con giacche, calze lunghe e calzoni alla zuava come gli esteti britannici della fine del XIX secolo. Erano però i suoi dipinti, nei quali mostrava di accostarsi al cubismo, a guadagnargli l’attenzione dei suoi compagni di corso. Nei suoi primi lavori Dalí probabilmente non aveva ancora compreso pienamente i concetti del movimento cubista, poiché all’epoca a Madrid non esistevano aderenti al movimento, e le uniche informazioni di cui disponeva provenivano da articoli di giornale e da un catalogo datogli da Ramon Pichot. Nel 1924 l’ancora sconosciuto Salvador Dalí realizzò per la prima volta illustrazioni per un libro, l’edizione in catalano del poema Les bruixes de Llers del suo amico e compagno di studi Carles Fages de Climent. Dalí si accostò anche al movimento dadaista, che lo influenzò per tutta la sua vita. Alla Residencia diventò intimo amico di Pepín Bello, di Luis Buñuel e di Federico García Lorca. L’amicizia con García Lorca era un autentico trasporto amoroso reciproco[16], anche se Dalí respinse vigorosamente gli approcci erotici del poeta. Nel 1926 Dalí fu espulso dall’Academia poco prima di sostenere gli esami finali, poiché aveva affermato che nessuno nell’istituto era abbastanza competente da esaminare uno come lui. La sua maestria nella pittura era già evidente dal notevole realismo del Cesto di pane, dipinto in quello stesso anno. Sempre in quell’anno visitò per la prima volta Parigi, dove incontrò Pablo Picasso, che ammirava profondamente. Picasso aveva già sentito parlare molto bene di Dalí da Joan Miró. Negli anni successivi, mentre sviluppava un proprio stile, Dalí realizzò diverse opere fortemente influenzate dall’arte di Picasso e di Miró. Nelle opere di Dalí alcune tendenze, che rimarranno costanti nel corso degli anni, erano già evidenti negli anni venti. Egli assorbì influssi da moltissimi stili, dalla pittura classica all’avanguardia più estrema. Nelle sue prime opere ci fu l’impronta di Rafael Barradas. Tra le influenze in stile classico artisti come Raffaello, Bronzino, Francisco de Zurbarán, Vermeer e Velázquez. Si serviva sia di tecniche classiche che moderne, talvolta impiegandole di volta in volta in opere singole, talvolta usandole tutte nello stesso dipinto. A Barcellona le esposizioni delle sue opere attrassero attenzione, e i critici si divisero tra entusiasti e parecchio perplessi. Dalí si fece crescere vistosi baffi, ispirati a quelli del grande maestro del Seicento spagnolo Diego Velázquez, e finirono per diventare un tratto inconfondibile e caratteristico del suo aspetto per il resto della vita. Dal 1929 alla fine della Seconda guerra mondiale Nel 1929 Dalí collaborò con il regista surrealista Luis Buñuel alla realizzazione del cortometraggio Un chien andalou. Il suo contributo principale consistette nell’aiutare Buñuel a scrivere la sceneggiatura, anche se in seguito affermò di aver avuto un ruolo significativo anche nella realizzazione tecnica del progetto, fatto che non trovò riscontro nelle testimonianze dell’epoca. Nell’agosto di quello stesso anno incontrò la sua musa, fonte di ispirazione e futura moglie Gala, il cui vero nome era Elena Ivanovna Diakonova. Era un’espatriata russa di undici anni più vecchia di lui, allora moglie del poeta surrealista Paul Éluard. In quell’anno Dalí realizzò le sue mostre più importanti, e si unì ufficialmente al gruppo dei surrealisti di Montparnasse. Erano già due anni che il suo lavoro ne era pesantemente influenzato: i surrealisti apprezzavano molto quello che Dalí definì il suo metodo paranoico-critico per esplorare il subconscio e raggiungere un maggior livello di creatività. Nel frattempo i rapporti tra il pittore e il padre erano vicini alla rottura: Don Salvador Dalí y Cusí disapprovava con forza la storia d’amore tra il figlio e Gala e riteneva che la sua vicinanza ai surrealisti avesse un pessimo effetto sul suo senso morale. Lo strappo definitivo avvenne quando Don Salvador lesse su un quotidiano di Barcellona che a Parigi il figlio aveva appena esposto un disegno del “Sacro Cuore di Gesù Cristo” insieme ad una scritta provocatoria . Indignato, Don Salvador pretese che il figlio smentisse pubblicamente. Dalí rifiutò, forse per timore di essere allontanato dai surrealisti, e il 28 dicembre 1929 fu cacciato a forza dalla casa paterna. Il padre gli disse che intendeva diseredarlo e gli intimò di non mettere mai più piede a Cadaqués. In seguito Dalí sostenne che, in risposta, mise in mano al padre un preservativo contenente il suo sperma dicendogli “Tieni. Ora non ti devo più nulla!”. L’estate successiva Dalí e Gala affittarono un piccolo capanno di pescatori in una baia nei pressi di Port Lligat. In seguito lo acquistò, e nel corso degli anni lo fece ingrandire trasformandolo poco a poco nella sua adorata villa sul mare. Murales in Armenia rappresentante una celebre foto di Gala e Dalí Nel 1931 Dalí dipinse una delle sue opere più famose, La persistenza della memoria. È la surrealistica immagine di alcuni orologi da taschino, flosci e sul punto di liquefarsi: gli orologi che si sciolgono rappresentano la memoria, che invecchiando negli anni perde forza e resistenza. Tale idea è sostenuta anche da altre immagini, come l’ampio paesaggio dai confini indefiniti e un altro orologio, raffigurato mentre è divorato dagli insetti. Dalí e Gala, dopo aver convissuto a partire dal 1929, si sposarono nel 1934 con una cerimonia civile. Nel 1958 si risposeranno con rito cattolico. Il matrimonio era aperto e raramente fu sessuale. Gala ebbe infatti diversi amanti. Dalí fu presentato negli Stati Uniti nel 1934 dal mercante d’arte Julian Levy. La sua esposizione di New York, che includeva La persistenza della memoria, creò subito scalpore e interesse. L’alta società lo accolse organizzando uno speciale “Ballo in onore di Dalí”, al quale presenziò portando sul petto una scatola di vetro contenente un reggiseno. Dalí e Gala parteciparono anche ad una festa mascherata a New York, organizzata per loro dall’ereditiera Caresse Crosby: come costume scelsero di vestirsi come il figlioletto di Lindbergh e il suo rapitore. La conseguente reazione scandalizzata della stampa fu tale che Dalí dovette scusarsi. Quando tornò a Parigi i surrealisti lo rimproverarono d’essersi scusato di un gesto surrealista[28]. Mentre la maggior parte dei surrealisti tendeva ad assumere posizioni di sinistra, Dalí si mantenne ambiguo sul giusto rapporto tra politica e arte. André Breton, uno dei capofila del surrealismo, lo accusò di difendere il “nuovo” e l'”irrazionale” del “fenomeno Hitler”, ma Dalí respinse queste affermazioni dicendo: “Non sono un seguace di Hitler né nei fatti né nelle intenzioni”. Al dittatore tedesco ispirò tre dipinti: L’enigma di Hitler (1939), Metamorfosi di Hitler in un paesaggio al chiaro di luna (1958) e Hitler si masturba (1973). Dalí insistette sul concetto che il surrealismo può esistere anche in un contesto apolitico e si rifiutò di condannare esplicitamente il fascismo, uno dei fattori che creò dei problemi con i suoi colleghi. Più tardi, sempre nel 1934, Dalí fu sottoposto a un “processo” a seguito del quale fu formalmente espulso dal gruppo dei surrealisti[24]. Come reazione Dalí dichiarò: “Il surrealismo sono io”. Salvador Dalí nel 1939, fotografato da Carl Van Vechten. Nel 1936 Dalí partecipò all’Esposizione internazionale surrealista di Londra. Tiene la sua conferenza, intitolata Fantômes paranoïaques authentiques, vestito con tuta e casco da palombaro. Arrivò tenendo in mano una stecca da biliardo e con due levrieri russi al guinzaglio. Si dovrà poi togliere il casco da palombaro perché rimasto senza fiato. Commenta: “Ho solo voluto mostrare che mi stavo ‘immergendo a fondo’ nella mente umana.” In quel periodo il principale mecenate di Dalí è il ricchissimo Edward James, che lo aiuta ad emergere nel mondo dell’arte acquistando molte sue opere e supportandolo finanziariamente per due anni. I due diventano buoni amici e il ritratto di James viene anche inserito da Dalí nel dipinto Cigni che riflettono elefanti. Artista e mecenate collaborano anche nella realizzazione di due delle più celebri icone del movimento surrealista: il Telefono aragosta e il Divano a forma di labbra di Mae West. Nel 1939 Breton conia per il pittore spagnolo il denigratorio soprannome di “Avida Dollars”, anagramma di Salvador Dalí che può essere tradotto come bramoso di dollari[32]. Si tratta di un modo per deridere la crescente commercializzazione delle opere di Dalí e la percezione che Dalí stesso abbia cercato di ingrandire la propria figura grazie alla fama e al denaro. Alcuni surrealisti da allora in poi parlano di Dalí solo al passato remoto, come se fosse morto. Il movimento surrealista e alcuni suoi membri (come Ted Joans) continueranno a polemizzare duramente con Dalí fino al momento della sua reale morte e anche oltre. In Europa scoppia la seconda guerra mondiale e così i Dalí si trasferiscono negli Stati Uniti, dove vivono per otto anni. Dopo il trasferimento Dalí si riavvicina alla pratica del Cattolicesimo. Robert e Nicolas Descharnes hanno scritto “In questo periodo Dalí non ha mai smesso di scrivere. L’anno seguente Dalí imposta il canovaccio di un film per Jean Gabin intitolato Ondata d’amore. Nel 1942 pubblica la propria autobiografia, La vita segreta di Salvador Dalí. Scrive i cataloghi delle sue esposizioni, come quella alla Knoedler Gallery di New York del 1943. In quel testo spiega: “Il surrealismo perlomeno sarà servito a fornire la prova sperimentale che la completa sterilità e i tentativi di automatizzazione si sono spinti troppo in là e hanno condotto ad un sistema totalitario. … La pigrizia dei nostri giorni e la totale mancanza di tecnica hanno raggiunto il loro parossismo nel valore psicologico dell’attuale uso che si fa del collage.” Scrive anche un romanzo, pubblicato nel 1944, che parla di un salone di moda per automobili. Edwin Cox, sul Miami Herald ne fa una vignetta che ritrae Dalí mentre veste un’automobile con un abito da sera. Un frate italiano, Gabriele Maria Berardi, sostenne di aver praticato un esorcismo su Dalí nel 1947, mentre si trovava in Francia. Nel 2005 tra le proprietà del frate è stata trovata una scultura che rappresenta Cristo crocefisso; alcuni sostengono che Dalí l’avrebbe data al religioso in segno di gratitudine e due esperti d’arte spagnoli confermano che ci sono fondate ragioni, analizzando lo stile dell’opera, per poterla attribuire a Dalí. Questa vicenda resta controversa. Nel 1948 visita il Parco dei mostri di Bomarzo, il quale parco ha evidenti richiami simbolico esoterici. Dalì ripreso dalle telecamere dell’Istituto Luce si mostra in posa davanti ai principali monumenti. Gli ultimi anni in Catalogna e la morte A partire dal 1951 Dalí tornò a vivere nella sua amata Catalogna. La scelta di vivere in Spagna mentre questa era ancora governata da Franco gli attirò critiche da parte dei progressisti e pure da diversi altri artisti[36]. È anche probabile che il diffuso rifiuto delle ultime opere di Dalí da parte di alcuni surrealisti e critici d’arte sia in parte da attribuirsi a ragioni politiche più che ad una valutazione artistica delle opere stesse. Il Teatro-Museo Dalí a Figueres, dove si trova la sua tomba. Una parte di esso ospitò la residenza dell’artista negli ultimi anni di vita fino alla sua morte. Nel 1954 è ospite della città di Roma dove organizza uno spettacolo facendo trasportare per le strade della capitale un cubo pitagorico, infine con un ricevimento al Palazzo Pallavicini pronuncia un discorso in latino con cui inaugura così una sua mostra con illustrazione della Divina Commedia. Nel 1959 André Breton organizza una mostra chiamata Omaggio al surrealismo, fatta per celebrare il quarantesimo anniversario del movimento, che comprende opere di Dalí, Joan Miró, Enrique Tábara e Eugenio Granell. L’anno seguente però, Breton si batté con forza contro l’inserimento della Madonna Sistina di Dalí nell’Esposizione internazionale surrealista di New York. In questa parte della sua carriera Dalí non si limita ad esprimersi con la pittura, ma sperimenta anche nuove tecniche artistiche e di comunicazione mediatica: realizza opere sviluppando macchie d’inchiostro casuali lanciate sulla tela ed è tra i primi artisti a servirsi di olografie. Molte delle sue opere comprendono illusioni ottiche. Nei suoi ultimi anni, giovani artisti come Andy Warhol definiscono Dalí una delle più importanti influenze sulla Pop art. Dalí si interessa molto anche di scienze naturali e di matematica. Quest’interesse si vede in diversi dei suoi dipinti, specialmente quelli degli anni cinquanta, in cui dipinge i propri soggetti come se fossero composti da corni di rinoceronte. Secondo Dalí il corno di rinoceronte rappresenta la geometria divina perché cresce secondo una spirale logaritmica. Lega il tema del rinoceronte anche a quello della castità e della Vergine Maria[43]. Dalí è affascinato anche dal DNA e dall’ipercubo (un cubo a quattro dimensioni); uno sviluppo dell’ipercubo è ben visibile nel dipinto Crocefissione (Corpus Hypercubus). Il periodo di Dalí successivo alla seconda guerra mondiale si caratterizza per il suo virtuosismo tecnico e per l’interesse per le illusioni ottiche, la scienza e la religione. La sua devozione per la religione cattolica aumenta e, allo stesso tempo, rimane profondamente impressionato da quanto successo ad Hiroshima e dalla nascita dell'”era atomica”. Di conseguenza Dalí definisce questo periodo come quello del misticismo nucleare. In dipinti come La Madonna di Port-Lligat (prima versione, 1949) e Corpus Hypercubus (1954) Dalí cerca di sintetizzare l’iconografia cristiana con immagini di disintegrazione materiale ispirate dalla fisica nucleare[44]. Incontrò più volte papa Pio XII e papa Giovanni XXIII; dopo la proclamazione del dogma dell’assunzione di Maria da parte di papa Pacelli (1950) e l’incontro privato col pontefice nel 1954 (a cui donò la prima versione della Madonna di Port-Lligat), dipinse i due quadri Assunta antiprotonica e Assunta Canaveral (1956); il riferimento dei bizzarri nomi dei quadri sono al luogo dove gli Stati Uniti effettuavano i lanci di missili di prova dal 1949 (Cape Canaveral, dove sorgerà il John F. Kennedy Space Center negli anni e a un eccentrico scambio di battute avvenuto tra Dalí e il papa: dopo aver chiesto precisazioni a Pio XII sulle dinamiche dell’assunzione, il pittore concluse che trattavasi del «prodotto di un’esplosione guidata dallo spirito, con protoni e antiprotoni annichilitisi a vicenda, generando una potentissima scarica di energia». Dalí a 77 anni nel 1981 In seguito celebrò il Concilio Vaticano II e papa Roncalli con Madonna Sistina (Orecchio di papa Giovanni) del 1960. Nel periodo del Misticismo nucleare si inseriscono anche lavori notevoli come La stazione di Perpignan (1965) e Torero allucinogeno (1968-70). Nel 1960 Dalí inizia a lavorare al Teatro-Museo Dalí nella sua cittadina natale di Figueres; si tratta del suo progetto più grande e richiede la maggior parte delle sue energie fino al 1974. Continuerà poi a fare altre occasionali aggiunte fino alla metà degli anni ottanta. In questo periodo Dalì si occupa anche di Arte Postale . vedi il libro di Eraldo Di Vita “Mailart-Il recupero della memoria”. Nel 1968 Dalí realizza un filmato pubblicitario per la televisione per conto della cioccolata Lanvin e l’anno successivo disegna il logo dei celebri lecca lecca Chupa Chups. Sempre nel 1969 è responsabile della campagna pubblicitaria dell’Eurofestival e crea una grande scultura metallica che viene posta sul palco del Teatro Real di Madrid dove si svolge la manifestazione canora. Nel 1980 la salute di Dalí riceve un colpo durissimo; la moglie Gala, colpita da una forma lieve di demenza senile, probabilmente gli somministra un pericoloso cocktail di medicinali senza che gli fossero prescritti, danneggiandogli il sistema nervoso e provocando la precoce fine delle sue capacità artistiche. All’età di 76 anni Dalí è ridotto a un relitto e la sua mano destra trema in maniera terribile in preda a sintomi molto simili a quelli della malattia di Parkinson. Nel 1982 re Juan Carlos I di Spagna concede a Dalí il titolo di Marchese di Púbol, che più tardi il pittore ripagherà donando al re un disegno (che sarà anche il suo ultimo) quando il re gli farà visita sul letto di morte. La moglie Gala morì il 10 giugno 1982. Dopo la sua morte, perse la maggior parte della voglia di vivere. Si lasciò deliberatamente disidratare, forse un tentativo di suicidio. Si trasferì da Figueres al Castello di Púbol, che aveva comprato per Gala e dove lei era morta. Nel 1984, in circostanze non del tutto chiare, scoppiò un incendio nella sua camera da letto[48]. Forse si trattava di un altro tentativo di suicidio di Dalí o forse semplicemente una negligenza del personale[18]. In ogni caso Dalí fu salvato e tornò a Figueres, dove un gruppo di suoi amici, protettori e colleghi artisti ritenevano fosse meglio trascorrere i suoi ultimi anni, nel suo Teatro-museo. Sepoltura di Dalí nella cripta del museo di Figueres Alcune voci sostengono che Dalí sia stato forzato dai suoi tutori a firmare tele vuote, usate anche dopo la sua morte, per produrre falsi[49]. Il risultato fu che i mercanti d’arte tendono a diffidare delle opere attribuite a Dalí e risalenti all’ultimo periodo. Nel novembre 1988 Dalí fu ricoverato in ospedale per un attacco di cuore e il 5 dicembre ricevette la visita di re Juan Carlos che rivelò di essere sempre stato un suo grande ammiratore[50]. Il 23 gennaio 1989, mentre ascoltava il suo disco preferito, Tristano e Isotta di Wagner, morì per un altro attacco di cuore. Aveva 84 anni. Fu sepolto all’interno del suo Teatro-Museo di Figueres, dall’altro lato della strada rispetto alla chiesa in cui era stato battezzato e dove si svolse il suo funerale, e solo a tre isolati dalla casa in cui era nato. Nel 2017 il corpo di Dalí fu riesumato brevemente per un test del DNA: una donna, Pilar Abel Martínez, figlia di una cameriera, sostenne di esserne la figlia biologica; tuttavia il test ha dato esito negativo nel 2018. Il simbolismo Nel suo lavoro Dalí si è ampiamente servito del simbolismo. Ad esempio, il simbolo caratteristico degli “orologi molli” apparso per la prima volta in La persistenza della memoria si riferisce alla teoria di Einstein che il tempo è relativo e non qualcosa di fisso[26]. L’idea di servirsi degli orologi in questo modo venne a Dalí mentre in una calda giornata d’agosto osservò un pezzo di formaggio Camembert che si scioglieva e gocciolava[53]. Quella dell’elefante è un’altra delle immagini ricorrenti nelle opere di Dalí. Comparve per la prima volta nell’opera del 1944 Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio. L’elefante, ispirato al piedistallo di una scultura di Gian Lorenzo Bernini che si trova a Roma e rappresenta un elefante che trasporta un antico obelisco[54], viene ritratto con le “lunghe gambe del desiderio, con molte giunture e quasi invisibili”[55] e con un obelisco sulla schiena. Grazie all’incongrua associazione con le zampe sottili e fragili, questi goffi animali, noti anche per essere un tipico simbolo fallico, creano un senso di irrealtà. L’elefante rappresenta la distorsione dello spazio ha spiegato una volta Dalí, le zampe lunghe ed esili contrastano l’idea dell’assenza di peso con la struttura[55]. “Dipingo immagini che mi riempiono di gioia, che creo con assoluta naturalezza, senza la minima preoccupazione per l’estetica, faccio cose che mi ispirano un’emozione profonda e tento di dipingerle con onestà”. L’uovo è un’altra delle immagini tipiche di cui si serviva Dalí. Associa all’uovo il periodo prenatale e intrauterino, usandolo per simboleggiare la speranza e l’amore[57]; l’uovo compare ad esempio ne Il grande masturbatore e ne La metamorfosi di Narciso. Nelle sue opere compaiono inoltre varie specie animali: le formiche rappresentano la morte, la decadenza e uno smisurato desiderio sessuale; la chiocciola è in stretta connessione con la testa umana (la prima volta che incontrò Sigmund Freud Dalí aveva visto una chiocciola su una bicicletta appoggiata fuori dalla sua casa), mentre le locuste sono per lui un simbolo di distruzione e paura. Musei Dalí Universe a Matera – “la persistenza degli opposti” Dalí Museum di Berlino Espace Dalí di Montmatre Paris Fondazione García Lorca di Madrid Musée Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles Museu nacional d’art de Catalunya Museo Dalí di Figueres Musée des beaux-arts de Montréal Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid Museum Folkwang di Essen Peggy Guggenheim Collection di Venezia Philadelphia Museum of Art Pinakothek der Moderne di Monaco Salvador Dalí Museum di Saint Petersburg St. Mungo Museum di Glasgow Tate Gallery The Museum of Modern Art di New York The Wadsworth Atheneum di Hartford Kunstmuseum di Basilea Kunstmuseum di Berna MAB Cosenza (Museo all’aperto lungo Corso Mazzini. È presente l’opera San Giorgio e il Drago)[82] Museo Berardo di Lisbona (White Aphrodisiac Telephone, 1936 e Cycle Sistématique de Conferences Surrealistes “le Ying et le Yang”,1935) La più vasta collezione di opera di Dalí si trova al Teatro Museo Dalí di Figueres, in Catalogna, seguito dal Salvador Dalí Museum di St. Petersburg in Florida, che contiene la collezione di A. Reynolds Morse & Eleanor R. Morse, composta da più di 1.500 opere. Altre collezioni significative sono quelle del Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, della Salvador Dalí Gallery a Pacific Palisades in California, dell’Espace Dalí di Parigi e del Dalí Universe di Londra. Una delle più improbabili sistemazioni di un’opera di Dalí fu la prigione di Rikers Island a New York; per 16 anni lo schizzo di una Crocefissione donata dall’artista al carcere fu appeso nel refettorio dei reclusi finché, per sicurezza, non fu spostato nell’atrio della prigione. Il disegno è stato rubato nel marzo 2003 e non è stato mai recuperato[83].